La richiesta del pagamento integrale dei canoni di locazione dopo un lungo periodo di morosità costituisce esercizio abusivo del diritto

La richiesta del pagamento integrale dei canoni di locazione dopo un lungo periodo di morosità costituisce esercizio abusivo del diritto
29 Luglio 2021: La richiesta del pagamento integrale dei canoni di locazione dopo un lungo periodo di morosità costituisce esercizio abusivo del diritto 29 Luglio 2021

IL FATTO. La società Alfa agiva in via monitoria per il recupero dei canoni di locazione scaduti e non pagati dal conduttore Caio dal 2004 al 2013. Caio resisteva in giudizio, opponendosi alla richiesta di pagamento e chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento del contratto dissimulato di comodato.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la richiesta monitoria della società Alfa.  Nel giudizio di secondo grado, invece, la Corte d’appello riformava parzialmente la sentenza, osservando, in particolare, che il contratto di locazione era stato formalizzato nel 2004 e, da quella data, non vi era mai stata da parte della società locatrice la richiesta del canone pattuito. Pertanto, la Corte d’appello, pur ritenendo efficace il contratto di locazione, ha ritenuto dovuti i canoni di locazione maturati solo a far data dalla prima richiesta di pagamento del 2011 e sino al rilascio dell’immobile avvenuto nel 2013. Avverso tale sentenza entrambe le parti proponevano ricorso per cassazione.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 16743/2021, depositata in data 14.6.2021, osservando anzitutto che, in relazione alle circostanze del caso, e ai rapporti sociali e familiari connessi al rapporto locatizio, Caio si era trovato improvvisamente a fronteggiare una richiesta di pagamento per una somma che con il trascorrere del tempo era divenuta esorbitante rispetto alla misura del canone mensile. 

L’inerzia del creditore, protrattasi per lungo tempo, aveva leso il debitore che era incorso nel ragionevole affidamento che fosse intervenuta una sostanziale remissione per facta concludentia in relazione ai canoni locatizi. 

Secondo la Corte, quindi, il successivo esercizio improvviso del diritto, nell’ambito di una situazione in cui era invece maturato il legittimo affidamento per il debitore che parte creditrice vi avesse rinunciato, ha determinato abuso di quel diritto.

La Suprema Corte ha, quindi, affermato il seguente principio di diritto “il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. legittima in punto di diritto l’insorgenza in ciascuna parte dell’affidamento che, anche nell’esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive ed esecuzione continuata, ciascuna parte si comporti nella esecuzione in buona fede, e dunque rispettando il correlato generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere tanto da specifichi obblighi contrattuali, quanto dal dovere generale del “neminem laedere”; ne consegue che in un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo l’assoluta inerzia del locatore nell’escutere il conduttore per ottenerne il pagamento del corrispettivo sino ad allora maturato, protrattasi per un periodo di tempo assai considerevole in rapporto alla durata del contratto, e suffragata da elementi circostanziali oggettivamente idonei a ingenerare nel conduttore un affidamento nella remissione del diritto di credito da parte del locatore per facta concludentia, la improvvisa richiesta di integrale pagamento costituisce esercizio abusivo del diritto”.

Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, il predetto principio era stato rispettato dalla Corte d’appello e, quindi, il ricorso per cassazione di entrambe le parti è stato rigettato.

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